Come molti di voi sapranno, i francesi sono un popolo molto nazionalista. Lo conferma, in primis, l’attenzione che hanno nei confronti della loro lingua e l’avversione verso l’introduzione di termini stranieri, come gli anglicismi, ormai diffusi in moltissime lingue.  

In italiano, per esempio, sono ormai diventate di uso comune parole come trolley, all inclusive, fake news, e tantissimi termini legati all’informatica e alla tecnologia, come computer, social (network), download, e la lista è ancora molto lunga.

Anche in Francia molti anglicismi sono entrati nell’uso, ma per ogni termine inglese l’Académie française (la nostra Accademia della Crusca) trova o crea ad hoc un corrispondente francese. Quando riesce nel suo intento, l’anglicismo viene abbandonato, mentre, altre volte, il francesismo non viene accolto nell’uso e prevale il primo. Per esempio, se andate in Francia, il computer sarà l’ordinateur, il software sarà il logiciel e l’espressione giovanile lol (laughing out loud, “rido forte”) si dirà mdr (mort de rire). Tra i neologismi francesi creati dall’Académie française che non hanno preso piede e non sono mai entrati nell’uso comune, abbiamo per esempio il recentissimo infox (2018) per sostituire fake news.

Inoltre, sul loro sito si possono trovare indicazioni su quali termini francesi utilizzare al posto degli anglicismi (sempre) più frequenti; si dovrà dunque dire à bas prix al posto di low cost, tout inclus invece di all inclusive, à la dernière minute e non last minute, gâcher le plaisir e non spoiler (spoilerare). 

Perfino a livello legislativo si è cercato di preservare la lingua francese: la legge Toubon del 1994 (dall’allora ministro della cultura) puntava ad assicurare il primato del francese in Francia, rendendone obbligatorio l’uso in alcuni ambiti e istituzioni, come nei contratti e nelle contrattazioni commerciali, a livello governativo, nelle scuole pubbliche, nelle pubblicità e nei luoghi di lavoro. 

A questo punto, verrebbe da chiedersi se sia necessaria (e utile) una legge a tutela della propria lingua e se i prestiti da lingue straniere la arricchiscano o la impoveriscano. Il dibattito è aperto. Io, personalmente, trovo piuttosto cool l’introduzione di termini stranieri nell’italiano, che danno un po’ di colore a una lingua, la nostra, che resta comunque molto viva e parlata e non è a rischio di estinzione. 

 

di Laura Spagni