#» Feed » Feed dei commenti » anglicismi Feed del tag search WordPress.com Vai al contenuto Benvenuti nel blog di Luca Rota. Uno che scrive. (BUTTON) Menu e widget 3846271-art-tree-with-letters-of-alphabetfor-your-design Benvenuti nel blog di Luca Rota. Uno che scrive. * Home * www.lucarota.it * Chi sono * I miei libri * Radio Thule * Recensioni * Luca Rota Images * Links * Contatti * Alta Vita: Montagne & Cultura * (Informativa su cookie e immagini) COSE DA TENERE PRESENTI: Dol dei Tre Signori Dal 15 dicembre è disponibile la nuova guida escursionistica Dol dei Tre Signori, dedicata ad un itinerario montano e al territorio che attraversa tra i più belli delle Alpi italiane, e che ho avuto l’onore e il pregio di scrivere insieme agli amici e valenti colleghi di penna Sara Invernizzi e Ruggero Meles. Nata su iniziativa della rivista “Orobie” e grazie al patrocinio di Italcementi HeidelbergCement Group, la guida è in distribuzione con il quotidiano “L’Eco di Bergamo” da martedì 15 dicembre, appunto, e successivamente con i quotidiani “La Provincia di Como”, “La Provincia di Lecco” e “La Provincia di Sondrio”. Non perdetevela: è bellissima, ve l’assicuro! Cliccate sulla copertina per saperne di più. Tellin’ Tallinn. Storia di un colpo di fulmine urbano «Il viaggio è la meta», si usa dire spesso. Ma qual è la meta di un viaggio autentico? Tellin’ Tallinn. Storia di un colpo di fulmine urbano è il mio nuovo libro, edito da Historica Edizioni nella prestigiosa collana dei “Cahier di Viaggio”, diretta da Francesca Mazzucato; da marzo 2020 in tutte le librerie e negli stores on line. Tallinn, l’affascinante capitale estone, è destinazione e fa da sfondo ad un particolare viaggio del protagonista, non solo geografico ma anche interiore. Inizialmente alla ricerca di un ricordo, il viaggiatore viene avvolto da un’intensa e avvolgente relazione con il luogo, capace di smuovere non solo i sensi ma anche il suo animo. Viaggiatore e luogo diventano così una cosa sola e un’unica meta. Cliccate sull’immagine per saperne di più! Multimedia Cliccando sull’immagine qui sopra potete accedere ai contenuti multimediali, audio e video, dei quali in qualche modo sono “protagonista” (conferenze, classrooms, dissertazioni varie) o lo sono i miei libri (attraverso presentazioni, interviste, podcast e letture), oppure altre cose con me di mezzo. Il tutto non troppo indegnamente, spero! Tutti gli altri miei libri... tutti-i-libri Cliccateci sopra per saperne di più... ALTA VITA, montagne & cultura La sezione del blog dedicata ai progetti e alle attività di valorizzazione dei territori alpini da me curate nonché, in generale, a documenti e materiali vari sulla cultura delle civiltà montane. Ultimi articoli: * 05/12/19: Feldkirch (Austria), un tunnel e la Convenzione delle Alpi. Radio Thule è in stand-by! Dopo la conclusione della stagione 2018/2019 di RADIO THULE, il programma è in stand-by! Ovvero, al momento è nel proprio “hangar radiofonico” a ricaricare le frequenze ma tornerà, sicuramente. Per non soffrire troppo di nostalgia ci sono le repliche delle varie puntate, ogni domenica alle 13 su RCI Radio, e c’è il podcast di tutte le stagioni, qui. Per il resto, seguite il blog e avrete ogni aggiornamento al riguardo. Stay tuned! 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[Immagine tratta da qui.]Un “effetto collaterale” ormai assodato, di questo periodo coronavirulento, è la gran proliferazione di task force. Ne hanno istituite d’ogni genere e sorta, per questioni legate alla pandemia oppure per altre cose che non c’entrano nulla, forse solo per seguire la “moda” e per non sentirsi tagliati fuori. «Ehi, tutti che fanno task force e noi no? Facciamone subito una anche noi!» – una cosa del genere, per dire. Nei giorni scorsi ho sentito pure di una “task force” creata al fine di gestire l’uso delle faraone per arginare l’invasione di cavallette nei campi di alcune regioni italiane. Che, per carità, è una questione serissima e di sicura importanza, questa, ma per quanto sopra avrei creduto che formassero un gruppo di lavoro o designassero degli esperti al riguardo, tutt’al più un team da essi composto; sentir parlare di “task force” per faraone che mangiano cavallette sinceramente mi ha fatto un po’ ridere. Già. Insomma, temo sia un fenomeno ormai fuori controllo. E credo che sia necessario istituire una task force per arginarlo, e poi una per arginare l’uso smodato e francamente inutile di certi anglicismi, pure. Ecco. N.B.: ovviamente il titolo del post richiama il celebre motto Jedi di Star Wars, sì. Scritto il 30 maggio 202030 maggio 2020Categorie (L.),Magazzino,OpinioniTag anglicismi,cavallette,coronavirus,covid,definizione,entomologi,epidemia ,esperti,faraone,fase 2,fase 3,forestierismi,governo,immunologi,inglese,istituzione,italiano,lessico ,lingua,linguistica,locuste,membri,pandemia,parole,parole straniere,riaperture,scienza,scienziati,significato,slang,social,task force,termini,TV,virologi,vocabolario1 commento su Che la task force sia con te! Il “black friday” (per la nostra lingua) (Foto di Gerd Altmann da Pixabay) Mario Baudino, su “La Stampa” dello scorso 26 novembre, rende conto dell’irritazione dell’Académie Française – equivalente transalpino della nostra Accademia della Crusca, la quale peraltro le è precedente essendo la più antica istituzione linguistica al mondo – riguardo la diffusione sempre maggiore di quello che a Parigi chiamano “franglese”, ovvero un francese sempre più infarcito di termini anglosassoni, cogliendo la buona occasione del black friday onnipresente e globale dei giorni scorsi. È pure in Italia una questione ormai vecchia ma sempre assai viva, quella della diffusione di parole inglesi quasi senza alcuna “resistenza” linguistica da parte del lessico nazionale e, ancor più, di chi lo parla – ne ho disquisito più volte anche qui sul blog, in passato – con risultati non di rado grotteschi tanto quanto sconcertanti. Ovvio che la duttilità della lingua inglese, unita all’ormai comune uso su scala mondiale, offra soluzioni linguistiche facili e d’effetto; d’altro canto la traduzione letterale di “black friday” in italiano sarebbe venerdì nero, definizione che evoca (anche nella traduzione letterale francese, peraltro) e viene utilizzata per giornate ben poco allegre e con accezioni solitamente negative quando non tragiche – provate a pensare a quanti “venerdì nero dei trasporti” vi siano stati durante gli ultimi anni! Se è sempre affascinante constatare come le parole e le varie definizioni del parlato cambino i propri significati per ciascuna lingua nella quale vengano utilizzate, spesso diventando gli uni antitetici agli altri, è anche da denotare che la rapida e facile diffusione di termini di altre lingue – anglosassoni in primis – è segno di una certa mancanza di vitalità del lessico nel quale si “insediano” e non tanto della lingua in sé quanto del rapporto di essa con chi la parla. Da questo punto di vista, seppur in modo ancora prodromico stante la realtà dei fatti, la questione è pure di carattere identitario: si può in effetti sostenere che uno degli elementi che determina l’identità nazionale, ben più che confini o domini politico-amministrativi, sia proprio la lingua condivisa e parlata, capace di generare coesione culturale e sociale tra gli individui meglio che qualsiasi cittadinanza. Una eccesiva introduzione e diffusione di termini “alieni” dacché provenienti da altre lessici, quantunque diffusi un po’ ovunque, potrebbe dunque minare il suddetto carattere identitario della lingua nazionale; come ho sostenuto altre volte, la cosa in sé non sarebbe un grosso problema se avvenisse in un contesto culturale nel quale la conoscenza e la padronanza della propria lingua madre siano a livelli accettabili, altrimenti sì, può essere un problema ovvero può portare ad un sostanziale aggravamento delle conoscenze linguistiche nazionali diffuse e a un (paradossale) disamore, o quanto meno disinteresse, per la propria lingua, che si ripercuote poi a cascata su altri elementi – la lettura, le capacità espressive e cognitive, il livello di alfabetizzazione diffuso e i relativi fenomeni di analfabetismo funzionale, eccetera. Per cui ben vengano gli “allarmi” delle varie Accademie linguistiche nazionali riguardo tali fenomenologie, fosse solo per una questione di tenere alta l’attenzione su tale argomento rimarcandone l’importanza pratica per chiunque. D’altronde, come si rimarca spesso in merito, la lingua è un elemento vivo ma è e resta così se e quando viene mantenuta vitale dagli individui che la utilizzano, la parlano avendone cura e consapevolezza lessicale, e ne comprendono il prezioso valore culturale. Non esiste idioma pur vivissimo che non rischi di svanire rapidamente senza chi lo parli e lo scriva con adeguata cognizione di causa: non è solo una mera questione di “black friday” o altro del genere, insomma, ma di non svendere a prezzo fin troppo scontato pure la nostra lingua, convinti di aver fatto un grande affare e invece avendo preso una gran brutta fregatura. Scritto il 3 dicembre 2019Categorie Magazzino,OpinioniTag Académie Française,Accademia della Crusca,Accademia francese,accezione,analfabetismo,anglicismi,anglismi,arricchimento,arti coli,barbarismi,basta,black friday,Crusca,didattica,diffusione,espressioni,esterofilia,francesismi, giornali,giovani,impoverimento,inglese,inglesi,insegnamento,invasione,i struzione,italiana,italiano,La Stamoa,lemmi,lessico,lingua,linguistica,parlata,parlato,parole,salvagua rdia,scrittura,scrivere,scuola,significato,slang,social,stranieri,tedes co,termini,traduzione,troppi,TV,uso,utilizzo,vocabolario,webLascia un commento su Il “black friday” (per la nostra lingua) Steikolders! Steikolders! Steikolders! Ormai l’ho ben capito da tempo: qualsiasi progetto in ambito culturale – non solo, ma lì parecchio – che non contenga nel proprio testo la parola “stakeholder”, non vale una cippa. Cioè: in realtà magari vale tantissimo, ma è come un genio vestito in modo ordinario tra persone ordinarie ma vestite all’ultima moda. Passa per un tizio modesto e dimesso, ecco. Ormai termini come abstract, location, brand o contest sono roba da dilettanti pivelli; qui la “competizione” a chi la scrive più anglofona si fa sempre più dura. D’altro canto, vista la notevole diffusione di quella prima parola citata, mi viene pure da dire al riguardo che oggi son tutti buoni a fare gli stakeholders con i money degli altri! Eh! P.S.: volete essere troppo avanti? Usate la definzione stakeholder engagement. La usano ancora in pochissimi, quindi ci fate un figurone. Garantito. Scritto il 29 gennaio 2019Categorie (L.)Tag anglicismi,comprensibilità,Crusca,cultura,elenco,espressioni,gergali,in glese,italiano,lessico,marketing,parlato,parole,paroloni,scritto,social ,stakeholders,termini,testi,uso11 commenti su Steikolders! Steikolders! Steikolders! Aiuto, ci invadono i barbari(smi)! Sto navigando sul web in alcuni siti di informazione e capito su un articolo dedicato alle nuove tendenze della moda. Leggo (e qui riporto le prime righe dell’articolo): Mai più senza persino in Italia dove l’abbigliamento sportivo in città fino a qualche tempo fa era look da weekend. Oggi, sia che siamo neo sportivi e sempre più attenti al fitness e al wellness, sia per obiettiva comodità, abbiamo individuato nello streetwear una nuova religione nel vestire. Non a caso le sneaker e le felpe, in particolare quelle firmate da brand di lusso, sono protagoniste dell’ecommerce e hanno rilanciato anche negozi fisici e outlet. Mmm… no, suona in modo proprio bislacco, questo testo. Sembra ci sia quasi una ricerca forzata dell’anglicismo al fine di rendere l’articolo “conforme”, per così dire, a ciò di cui disserta e all’immaginario lessicale relativo. Per renderlo “alla moda”, ecco. È formato da 75 parole in tutto, di cui ben 9 in lingua inglese: il 12% del testo. Eh, va bene tutto, ma forse qui si sta un po’ esagerando, tenendo poi conto che il tema dissertato non implica affatto una tale profusione di anglicismi per trasmettere il messaggio implicito: non è un testo che disquisisce di informatica o di nuove tecnologie, per essere chiari, tematiche nelle quali le parole straniere sono spesso inevitabili, ma di vestiti. Semplice abbigliamento. Vediamo invece come va, così: Mai più senza persino in Italia dove l’abbigliamento sportivo in città fino a qualche tempo fa era stile da fine settimana. Oggi, sia che siamo neo sportivi e sempre più attenti alla forma fisica e al benessere generale, sia per obiettiva comodità, abbiamo individuato nell’abbigliamento informale una nuova religione nel vestire. Non a caso le calzature sportive e le felpe, in particolare quelle firmate da marchi di lusso, sono protagoniste del commercio sulla rete e hanno rilanciato anche negozi fisici e spacci plurimarca. Secondo me funziona perfettamente lo stesso. Anzi, pure di più. “Spacci” non è forse un termine bellissimo da sentire – si potrebbe usare rivendite o empori, ad esempio – ma per il resto direi che si legge ugualmente bene, e senza perdere nulla del suo senso e del fine originari. Sia chiaro: come ho sostenuto altre volte, anche qui nel blog, non sono affatto contrario all’uso di lemmi stranieri nella lingua comune parlata e scritta, anzi, spesso la loro presenza rende la dissertazione più varia, ricca di senso e divertente da seguire. A patto, però, che l’uso dei termini stranieri (inglesi, in particolare) non finisca per svilire la nostra lingua o, addirittura, per renderla persino ridicola. In numerosi casi il loro uso è ormai diventato comune e del tutto accettabile (weekend, ad esempio, che peraltro è la paritetica forma inglese di “fine settimana”, oppure web o blog, che ho usato in questo mio articolo e che viene difficile riportare con simile sinteticità in italiano, ma passino pure parole come sexy, relax, okay, hotel, smog, marketing, social network, e così via), in altri casi non è solo tranquillamente evitabile, ma il forzato inserimento nel discorso assume toni veramente farseschi. Come fosse poi che tanta gente sapesse padroneggiare così bene l’inglese da permettersi di fonderla con la propria lingua madre! Ma quando mai?! Ribadisco: ogni “nuova” parola straniera, quando inserita in una lingua peraltro di così alto valore storico come quella italiana, è la benvenuta se sa arricchirne il bagaglio lessicale, se aggiunge e affina e non toglie o surclassa. Altrimenti il suo uso diventa un effettivo impoverimento della lingua quando non una vera e propria minaccia alla sua esistenza e all’espressività che possiede. E un “popolo” che non sa salvaguardare e padroneggiare al meglio la propria lingua (per giunta finendo a “scopiazzare” quelle altrui), semplicemente non è un popolo. That’s it! Scritto il 15 ottobre 2018Categorie (L.),Magazzino,OpinioniTag accezione,analfabetismo,anglicismi,anglismi,arricchimento,articoli,barb arismi,basta,Crusca,didattica,espressioni,esterofilia,francesismi,giorn ali,giovani,impoverimento,inglese,insegnamento,istruzione,italiana,ital iano,lemmi,lessico,lingua,linguistica,parlato,parole,salvaguardia,scrit tura,scrivere,scuola,significato,slang,social,stranieri,tedesco,traduzi one,troppi,TV,uso,utilizzo,vocabolario,web4 commenti su Aiuto, ci invadono i barbari(smi)! “Ciaone”, e altri orrori del lessico d’oggi immagini_parole-orrende-3 “Ciaone”, “apericena”, “fammi un chiamino”, “piacerissimo”, “mi faccio un’insalatona”, “selfie” (e tutti i suoi derivati) “ma-anche-no”, “ti lovvo”, “troppo bellissimo”, “app”, “closing”, “petaloso” (che, per fortuna, pare già estintasi)… Parole e formule orrende vecchie e nuove, una vera e propria piaga linguistica che da qualche tempo pare non conoscere limiti – e che colpisce chiunque, con (forse) rarissime eccezioni. Vincenzo Ostuni da tempo le raccoglie in una “collezione dell’assurdo lessicale contemporaneo” (la definizione è mia), e di ciò ne parla in questo articolo su Dailybest del tutto interessante – anzi, necessario. Una collezione fatta sia da neologismi parecchio demenziali e sostanzialmente privi di senso linguistico (e forse per questo così graditi da tanti!), sia da termini in fondo corretti ma usati scorrettamente o a sproposito, i quali potrebbero anche far pensare a una costante vitalità della lingua italiana – il che è vero a prescindere da essi, senza dubbio – ma, di contro, a come nell’era contemporanea alla quantità linguistica non corrisponda un’adeguata qualità, con la prima che risulta ben più considerata da molte persone rispetto alla seconda, assai più trascurata (se non ormai dimenticata). Insomma, leggete l’articolo, che merita. E, beh… ovviamente mipiacete questo mio post! Scritto il 20 gennaio 2017Categorie (L.),Consigli,Magazzino,OpinioniTag #paroleorrende,anglicismi,cultura,Dailybest,facebook,gergo,grammatica,i mpoverimento,incultura,italiano,lessico,lingua,maleducazione,neologismi ,parlata,parole orrende,sito web,slang,social,Twitter,Vincenzo Ostuni3 commenti su “Ciaone”, e altri orrori del lessico d’oggi Navigazione articoli Pagina 1 Pagina 2 Pagina successiva Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com. Scrivi qui i tuoi pensieri... (facoltativo) ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ Pubblica su Annulla Ripubblica l'articolo Chiudi e accetta Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie. 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