#Cambiare » Feed Cambiare » Feed dei commenti Cambiare » Itangliano & Anglicismi Feed dei commenti Botti di Carnevale Riunione gruppo “Cambiare” alternate alternate -- [hfuturo.png] Itangliano & Anglicismi -- Tweet Il termine anglicismo («una voce o frase dell’idioma inglese; ovvero una maniera di parlare», così nell’enciclopedia di Chambers tradotta a Venezia nel 1747; in ingl. anglicism risaliva al secolo precedente) -- d’Italia! E quanto non crescerebbono questi libri di pregio, se oltre a que’ tanti francesismi di cui già riboccano, contenessero anche qualche dozzina d’anglicismi in ogni pagina. Usato all’inizio in concorrenza con inglesismo (attestato dal 1757), dai primi decenni del Novecento anglicismo è stato affiancato dalla variante anglismo e poi, per indicare in modo più specifico le interferenze dell’inglese d’America, o queste accomunate a quelle inglesi, anche da angloamericanismo. -- Fino alla metà del Settecento, oltre a mancare il termine che li indicasse, anche gli anglicismi erano piuttosto rari. Nel medioevo sono attestate alcune parole dovute ai rapporti commerciali con l’Inghilterra: sterlini (1211), costuma «dogana» (dall’ingl. customs); -- cultura e del lessico inglese è filtrato tramite il francese: perfino nel XIX secolo la maggior parte dei romanzi di Walter Scott e di James F. Cooper, cui si deve la diffusione di molti anglicismi, furono tradotti da traduzioni francesi (Benedetti 1974; Sullam Calimani 1995). Appunto nel Settecento compaiono i primi consistenti nuclei di anglicismi: un settore particolarmente ricco è quello dei termini della vita politica e sociale che, a parte pochi casi (bill, club, pamphlet, humour), sono rappresentati da anglolatinismi o calchi facilmente -- L’anglicismo dalla metà del Novecento ad oggi Già dalla fine della prima guerra mondiale si notano segni di cambiamento: si riduce il ruolo del francese come tramite dell’anglicismo; cresce l’attrattiva della lingua inglese e in particolare, specie nel secondo dopoguerra dopo il boom economico degli anni Cinquanta, dell’American English. -- fortemente determinati dai mezzi di comunicazione sociale, che favoriscono una diffusione ‘dal basso’ dei prestiti e una loro rapida ambientazione. Gli anglicismi sono imposti dalle esigenze della società globale e dall’omologazione tecnologica e informatica: la simultanea trasmissione mondiale delle informazioni veicola dovunque i medesimi internazionalismi che accentuano la convergenza fra le lingue e che sono difficilmente sostituibili. Inoltre, mentre fino ad alcuni decenni fa gli anglicismi erano in gran parte filtrati attraverso la pagina scritta e introdotti dagli strati più colti, oggi la loro interferenza è soprattutto orale, anche se si tratta di oralità indotta e -- e riutilizzarli. Taluni singoli settori risultano però più permeabili all’anglicismo, come il linguaggio di cinema e televisione (cult, news, zapping), di pubblicità e marketing (sponsor, spot, testimonial), il gergo giovanile -- Aspetti linguistici Fra gli anglicismi contemporanei sono ancora i nomi la categoria più rappresentata. Un segno della pervasività dell’inglese è però il crescente apporto di aggettivi (bipartisan, no global, no-profit, -- rendono rari gli adattamenti grafici e fonomorfologici, sentiti come riproduzioni distorte e provinciali del modello. Così oggi gli anglicismi sono accolti o come prestiti integrali o come calchi o in entrambe le forme (attachment / allegato, hacker / pirata, web / rete, download / scaricare). -- opera > soap). Al plurale, secondo le raccomandazioni dei grammatici, gli anglicismi restano invariati; ma in certi contesti anche voci ormai stabilizzate (club, sport, test) sono usate col plurale all’inglese. Per il genere -- (lo steward, la hostess) o del genere della persona in questione (il/la tutor). In altri casi è determinato dalla forma della parola: gli anglicismi in -tion sono femminili, come i nomi italiani in -zione (devolution, fiction, location); quelli in -ing maschili (screening, walking). Oppure dipende dal genere della parola italiana -- Pseudoanglicismi A testimoniare un’influenza riflessa dell’inglese (e degli anglicismi già presenti nella lingua) sono i falsi anglicismi, dovuti a parlanti che hanno una certa dimestichezza con elementi inglesi ma che li interpretano in modo errato o li riutilizzano per nuove creazioni indipendenti da un preciso modello. Ci sono i veri e propri pseudoanglicismi dovuti a un fraintendimento della struttura o del significato: prestiti decurtati (lift per liftboy), reinterpretazioni semantiche (parking «luogo di parcheggio» -- conditioned «condizionato per mezzo dell’aria», fuga di cervelli su brain drain «esodo di cervelli», caso di studio invece che studio di casi per case study). E gli anglicismi apparenti, creati in modo più o meno corretto in italiano impiegando analogicamente strutture formative dell’inglese, note dai prestiti o dalla lingua (beauty case a cui si -- opinion maker si è fatto trendmaker). Oggi è questo il tipo più ricorrente, specie nel settore pubblicitario-commerciale dove, pur di disporre di un anglicismo di richiamo, lo si inventa. Se tali neoconiazioni muovono da morfemi già radicati in italiano (autostop, videobar), o seguono moduli tradizionali (babykiller «bambino-killer»), -- su U-turn, T-shirt). Per la fonetica, oltre a una maggior tolleranza per nessi insoliti e nuove distribuzioni dei fonemi, ben rappresentati negli anglicismi, è vinta la resistenza alle finali consonantiche, presenti in neoformazioni e in certi usi emergenti (ad es. l’estensione del non finale tonico). -- franglais (lo spanglish era di là da venire), per indicare un italiano fortemente influenzato dall’inglese e, soprattutto, caratterizzato dalla massiccia presenza di anglicismi (e pseudoanglicismi) non adattati o di elementi (per es. prefissi e suffissi) inglesi o più spesso angloamericani. -- professionisti si concedono, nel tardo pomeriggio, un tonificante happy-hour. È nuova in questo quadro la sola promozione degli anglicismi a usi anche istituzionali: alla Camera dei deputati i membri del governo rispondono al question time, i sottosegretari hanno delega al welfare e si moltiplicano, a tutela dei cittadini e dei consumatori, -- nell’italiano contemporaneo, «Lingua nostra» 3-4, pp. 117-122. Benedetti, Anna (1974), Le traduzioni italiane da Walter Scott e i loro anglicismi, Firenze, Olschki. Bisetto, Antonietta (2003), Da formattare a calcio mercato: l’interferenza dell’inglese sull’italiano contemporaneo, in Sullam Calimani 2003, pp. 87-99. Bombi, Raffaella (2005), La linguistica del contatto. Tipologie di anglicismi nell’italiano contemporaneo, Roma, il Calamo. Cartago, Gabriella (1994), L’apporto inglese, in Storia della lingua -- 2° (Scritto e parlato), pp. 617-633. Rando, Gaetano (1990). “Capital gain, lunedì nero, money manager” e altri anglicismi recentissimi del linguaggio economico-borsistico-commerciale, «Lingua nostra» 51, pp. 50-66. Rosati, Francesca (2005), Anglicismi nel lessico economico e finanziario, Roma, Aracne. Schweickard, Wolfgang (1998), English und Romanisch, in Lexikon der -- Sull’Itangliano: Bombi, Raffaella (2005), La linguistica del contatto. Tipologie di anglicismi nell’italiano contemporaneo e riflessi metalinguistici, Roma, Il Calamo. Cardinaletti, Anna & Garzone, Giuliana (a cura di) (2005), L’italiano delle -- e formazione delle parole. Studi offerti a Maurizio Dardano per il suo 70° compleanno, a cura di C. Giovanardi, Firenze, Cesati, pp. 159-176. Frenguelli, Gianluca (2006), Ricezione degli anglismi e mezzi di comunicazione di massa, in La “nuova Europa” tra identità culturale e comunità politica. Atti del Convegno internazionale (Roma, Università ‘La -- Le dieci regole del controllo sociale – Noam Chomsky... Itangliano & Anglicismi... Florilegio di Poesie Dialettali...