/media/post/gehaq9u/az.png Ferpi > News > Anglicismi e parole in cammino. Ma la meta qual è? #italiano #anglicismi Anglicismi e parole in cammino. Ma la meta qual è? 28/04/2019 -- Letizia Pini, ha chiesto un commento sui temi della manifestazione ad Antonio Zoppetti, docente, autore, curatore del sito Diciamolo in Italiano, interamente dedicato al tema degli anglicismi e delle commistioni dell’inglese nella nostra lingua. -- inferiori. Ho chiesto così ad Antonio Zoppetti - docente, autore, curatore del sito Diciamolo in Italiano, interamente dedicato al tema degli anglicismi, che ha realizzato il dizionario AAA: Alternative Agli Anglicismi, che raccoglie e classifica oltre 3.600 parole inglesi che circolano nella nostra lingua affiancate dalle spiegazioni e soprattutto dalle alternative e dai sinonimi italiani - di farci una -- Questo remake è abbastanza esaustivo per comprendere cos’è il fenomeno chiamato “itanglese”? Il numero degli anglicismi che circolano nella nostra lingua è tale che è ormai possibile trasformare la Commedia, un tempo Divina, in tragedia (o forse drama e horror). La possibilità che l’italiano diventi un -- per ben oltre il 70% circolano senza adattamenti. Sono un fenomeno recente, iniziato nel Secondo dopoguerra e in continua crescita. Se nel Devoto Oli del 1990 si contavano 1.600 anglicismi crudi, oggi, in poco meno di trent’anni ce ne sono almeno 3.500, mentre i substrati plurisecolari delle altre lingue ci hanno lasciato un migliaio di -- poche manciate di parole di altra provenienza. La metà dei neologismi del nuovo secolo, secondo Zingarelli e Devoto Oli, sono in inglese, il che significa che gli anglicismi stanno sempre più coincidendo con i neologismi, e dunque è lecito domandarsi se la nostra lingua non stia perdendo la capacità di evolvere con parole proprie, davanti ai -- Il primo è quello dei cosiddetti “prestiti di necessità”, le “parole mancanti” o “intraducibili”. Eppure nulla è intraducibile, in teoria. Ricorrere agli anglicismi è invece una ben precisa scelta perpetrata dai mezzi di informazione, dalla nostra classe dirigente e anche da noi, quando preferiamo usare i termini inglesi. In passato, prevaleva -- identità linguistica. Ma se la rivoluzione industriale del passato ci ha lasciato la lampadina e la televisione, non certo la lamp e la television, quella del digitale ci satura di anglicismi. Ci vergogniamo di adattare smartphone in smarfono o di reinventarlo in furbofonino, queste soluzioni ci appaiono impraticabili, stravaganti e ridicole. -- Tutto ciò non si può liquidare con le categorie ingenue dei “prestiti”. Questa è un’emulazione che va al di là delle singole parole, e infatti gli anglicismi non si possono più ridurre a un elenco di termini, sono una rete di radici che si espande nel nostro lessico e si struttura in famiglie che si allargano. Secondo Valeria Della Valle: “Tra il 2008 e -- genere, stessa cosa per smart, che ha la meglio sulla sua traduzione italiana, intelligente”. Ciò significa che vogliamo fare gli americani come nella canzone di Renato Carosone. E siccome gli anglicismi non ci bastano, per sentirci più trendy (si può dire anche in, cool per suggerire subliminalmente dove prendiamo l’inglese) ci inventiamo -- interrotto: gli autoscatti fatti e condivisi con il telefonino si dicono selfie. Sui giornali pusher sta sostituendo sistematicamente spacciatore, e killer assassino. Insomma, gli anglicismi sempre più spesso diventano “prestiti sterminatori” che fanno regredire le nostre parole e viene da chiedersi per quanto tempo potremo continuare a dire -- strada, le motivazioni sono extralinguistiche o sociolinguistiche: lo facciamo per elevarci. Ma le conseguenze della massimizzazione di questo “elevarci” hanno delle ricadute pesanti. I troppi anglicismi non sono più una ricchezza, si trasformano al contrario nel depauperamento della nostra lingua. Questa strategia di ricorrere all’inglese mi pare -- Decidere di erogare corsi di acting invece che di recitazione, come sta avvenendo in qualche scuola, significa contribuire ad acclimatare un anglicismo come superiore e a svilire la tradizione italiana come qualcosa di “vecchio”. E così ci sentiamo “fighi” nel dire che dobbiamo fare un brief in conference call con la business unit, ma poi non -- piccolo. Attraverso i miei libri, i miei siti e con tutte le mie forze. Ho creato un dizionario gratuito in Rete che raccoglie oltre 3.600 anglicismi che circolano nella nostra lingua affiancati dalle alternative e dai sinonimi italiani, possibili e in uso, ed è diventato una comunità in cui i lettori segnalano nuove parole inglese e -- Monnier, 1993). Nel 2004 ha vinto il “Premio Alberto Manzi” per la comunicazione educativa. È autore di vari libri sulla lingua italiana e sul tema degli anglicismi ha pubblicato L’etichettario. Dizionario di alternative a 1.800 parole inglesi (Franco Cesati Editore, 2018) e Diciamolo in italiano. Gli abusi dell’inglese nel lessico dell’Italia e incolla (Hoepli, 2017). In Rete cura il Dizionario AAA. Alternative Agli Anglicismi, con oltre 3.600 parole inglesi, dal 2017 gestisce il sito Diciamolo in italiano ed è co-fondatore dell’iniziativa culturale “Attivisti per l’italiano” contro l’abuso dell’inglese.