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Lo Stato sociale
Lo Stato sociale è frutto dell'affermarsi del modello democratico in gran parte dei Paesi del mondo: con la conquista del diritto di voto per tutti, anche i più deboli economicamente hanno la possibilità di far sentire le proprie esigenze economiche e chiedono allo Stato di aiutarli.

Lo Stato sociale, a differenza dello Stato liberale, non è più uno Stato "astensionista".

Che cosa vuol dire?

Mentre lo Stato liberale:
- si limitava a tutelare la libertà e la proprietà dei cittadini;
        - lasciava  che ciascuno si arrangiasse rispetto alla propria situazione economica;    
al contrario lo Stato sociale ritiene suo dovere:
- intervenire in campo economico per ridurre le differenze fra i suoi cittadini;
        - tutelare i gruppi più svantaggiati.    
In questo tipo di Stato, a differenza di quanto avviene nello Stato socialista, l'iniziativa economica privata rimane libera, ma viene sottoposta ad alcuni limiti e controlli: accanto all'intervento dei privati, lo Stato sviluppa l’intervento economico pubblico.

Ecco perciò un'importante novità: la formazione di un sistema economico a economia mista.

Nei Paesi dell'Europa occidentale questo modello di Stato ha avuto la sua massima espansione fra il 1950 e il 1970.

Negli anni Settanta, però, ha cominciato a manifestare segni di crisi. Fra i problemi più grossi che si sono presentati ricordiamo:
- la scarsa efficienza dei servizi forniti dalla Pubblica amministrazione;
- la crescente difficoltà a trovare le risorse sempre più ingenti necessarie per finanziare le spese statali;
- una forte crescita dell'inflazione, in parte provocata proprio dal fenomeno della crescente spesa pubblica.

Di conseguenza, negli ultimi vent'anni in tutti i Paesi occidentali si è avuta una progressiva riduzione dell'intervento statale nel sistema economico.
A partire dal 1993, poi, anche in Italia si è dato inizio al fenomeno della privatizzazione, cioè al ritorno nel settore privato di molte imprese in precedenza pubbliche.