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Alla frontiera tra impresa e lavoro:
nuovi lavoratori autonomi a Milano
Si chiamano self-employed: sono le persone
che lavorano in proprio o al massimo con due dipendenti.
Non sono più lavoratori subordinati, ma non sono ancora
imprenditori a tutti gli effetti; vivono come sospesi tra lavoro
e impresa, in settori prevalentemente terziari, ma anche negli
outsourcing e negli spin-off di derivazione manifatturiera,
vuoi per rispondere alla semplice necessità di lavorare,
vuoi per soddisfare un bisogno di autonomia o di migliore valorizzazione
delle proprie competenze professionali. Collocandosi negli interstizi
compresi tra lavoro autonomo e microimpresa, rappresentano quindi
l'area più informale e meno istituzionalizzata degli occupati
indipendenti in senso lato. Nonostante la loro rilevanza quantitativa
- in Italia sono oltre 3,5 milioni (corrispondenti al 18% dell'occupazione
totale), di cui il 15% risulta concentrato in Lombardia e il 6%
nella sola provincia di Milano - costituiscono un fenomeno in
gran parte ancora inesplorato, che secondo i primi risultati di
una ricerca ancora in corso presso l'Ufficio Studi camerale presenta,
con riferimento all'area milanese, i seguenti caratteri di fondo:
- il minor contributo dato dai self-employed
milanesi all'occupazione totale (13,3% contro il 18% nazionale),
che raggiunge l'incidenza più elevata, così come
in Lombardia e nel resto d'Italia, nei settore del commercio
e turismo (26%), seguito a distanza dai servizi (17%)
e dall'industria (8%), connotandosi quindi come
un fenomeno maggiormente diffuso tra le attività economiche
in cui largo spazio occupano le piccolissime imprese tradizionali
di tipo famigliare;
- la migliore qualificazione dei "lavoratori-imprenditori"
dell'area milanese in cui assumono un peso maggiore - e in aumento
tra il 1993 e il 1996 - i tecnici (21% contro il 13% nazionale)
e le professioni ad alta specializzazione (18% contro il 10%),
mentre si riduce parallelamente l'incidenza degli addetti alle
vendite (22%) e di operai e artigiani
(24%), che continuano comunque a rappresentare, seppure in misura
molto inferiore al passato, le aree professionali più diffuse.
La maggior presenza degli imprenditori (dal 2% del 1993
al 4% del 1996) e dei liberi professionisti (dal 29% al
38%), a cui corrisponde la contrazione dei più tradizionali
lavoratori in proprio (dal 69% al 57%), costituisce
un'ulteriore conferma della crescente capacità del
self-employment di offrire strategie di valorizzazione
del capitale umano.
Vi sono insomma due modalità di utilizzare
il self-employment: una difensiva e maggioritaria, che
sembra costituire un'alternativa al lavoro dipendente, e un'altra,
minoritaria ma in crescita, più attivamente connotata in
senso imprenditoriale. E' a queste forme maggiormente solide e
compiute dell'intraprendere che ora dedichiamo la nostra attenzione.
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