Essenza (filosofia) Il termine essenza (greco οὐσία,ousia, lat. essentia) è in buona parte corrispondente a quello di sostanza (greco ὐποκέιμηνον (upocheimenon)^[1] e lat.substantia). Con esso si deve intendere il fondamento del ciò che realmente è, ovvero ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un'altra cosa. Può anche essere definita come l'insieme delle determinazioni che caratterizzano una certa cosa in quanto tale. O ancora: il nucleo fondamentale e immutabile dell'essere specifico, contrapposto alle affezioni o accidenti, che sono inessenziali. Il concetto di essenza dunque (dal latino essentia, dal verbo latino esse, essere, derivato dal greco ousia) designa in metafisica la realtà persistente di un essere attraverso le modificazione dei suoi accidenti. + 3.2 L'essenza specifica + 3.3 Essenza ed esistenza, potenza e atto, materia e forma. + 4.1 L'ecceità di Duns Scoto: essenza e materia La parola ousia viene tradotta in italiano indifferentemente come essenza o come sostanza. Questa ambiguità dipende dal fatto che molti termini filosofici greci sono stati tradotti erroneamente nella versione latina: Il termine con cui Platone indica l'essenza è "idea" che si contrappone all'opinione sensibile, la "doxa". L'opinione, appunto perché generata dai sensi, non dà alcuna certezza ma ha una sua funzione nel far riaffiorare l'essenza della cosa sensibile, l'"eidos". L'idea platonica non è dunque un atto del pensiero ma un ente, l'"essere che veramente è", è la struttura essenziale dell'essere, senza cui l'essere non esiste, è l'intima natura, "phisis", dice anche Platone, della cosa. Attraverso i sensi siamo in grado di cogliere le forme fisiche delle cose, mentre con l'anima intellettiva cogliamo le forme pure, prive cioè di ogni elemento materiale, le pure essenze. Ma le idee potrebbero avere anche un'origine nominalistica: Platone nota che per ogni molteplicità di cose designate dallo stesso nome, omonime, queste siano anche simili, ed allora bisogna supporre un'entità, un'essenza che è la forma pura, l'idea, da cui derivano i nomi che rappresentano verbalmente l'essenza ideale. Secondo la metafisica aristotelica l'essenza è "ciò per cui una cosa è quel che è" e in base a cui si differenzia da tutte le altre cose. Mentre le caratteristiche sensibili della cosa mutano (gli "accidenti" secondo la terminologia aristotelica), l'essenza permane sempre identica a se stessa. Mentre le singole scienze studiano un aspetto particolare dell'essere (la matematica studierà l'essere come quantità, la fisica l'essere come movimento ecc.) la filosofia prima o metafisica si occupa di quell'essere che viene prima e che sta alla base di tutti gli esseri particolari, studierà l'essere in quanto essere, l'essenza. Da qui la concezione che A. ha della filosofia come quella disciplina che costituisce il fondamento di tutte le altre scienze particolari che studiano una parte del reale e che quindi presuppongono la filosofia che studia il reale in quanto tale: per questo la filosofia è la scienza prima. Ma che cos'è l'essere? Al contrario degli eleati che sostenevano l'unicità dell'essere, A. ritiene che l'essere abbia delle caratteristiche fondamentali (qualità, quantità, relazione, ecc.) che egli chiama categorie di cui la più importante è quella di sostanza, senza la quale tutte le altre non hanno senso. La qualità è sempre qualità di qualche cosa, così la quantità é sempre quantità di qualche cosa e questo qualche cosa é la sostanza per cui essa é il centro di riferimento di tutte le altre. Se quindi l’essere si identifica con le categorie, che sono aspetti generali dell’essere, e le categorie poggiano tutte sulla sostanza, allora l'essere in quanto essere coincide con la sostanza. L'"essenza inerisce alla sostanza". Come le scienze particolari poi devono definire l'oggetto del loro sapere, altrettanto dovrà fare la filosofia prima, come scienza dell'universale. Ma mentre le singole scienze potranno fare riferimento a caratteristiche sensibili per definire l'essere di cui tratteranno, come farà la filosofia prima, scienza universale a definire l'essere in quanto essere, l'essenza, quella realtà oltre l'apparenza sensibile? Come nel pensiero vi è un principio fondamentale a base di tutto il sapere, il principio di contraddizione per cui è impossibile affermare e negare nello stesso tempo uno stesso predicato nei confronti di uno stesso soggetto così sul piano della realtà è altrettanto impossibile che una cosa sia e non sia, per cui la definizione sarà che la sostanza è l'equivalente ontologico del principio logico di non contraddizione. [modifica] L'essenza specifica Per evitare i problemi dell'idealismo di Platone, Aristotele aveva formulato una teoria immanentista delle idee. L'essenza di una cosa non risiede in un'idea trascendente al mondo, in un iperuranio, ma inerisce nelle cose stesse. Un oggetto concreto e individuale è un tutt'uno di forma e materia, di essenza e esistenza [modifica] Essenza ed esistenza, potenza e atto, materia e forma. L'essenza per Aristotele può essere anche intesa come la possibilità che ha un essere a tradurre la sua vita potenziale in vita reale, in esistenza, a migliorare la materia rozza che lo compone facendole assumere una forma sempre più elevata. Essenza come potenza dell'esistenza in atto. In Dio tutto è compiuto perfettamente poiché in lui non è più presente l'imperfezione della materia, che invece continua a sussistere negli esseri inferiori, i quali sono un sinolo di materia e forma, un insieme di potenza ed atto, di essenza ed esistenza. Agostino d'Ippona, anticipando in qualche modo le future correnti dell'esistenzialismo del '900, riferendosi all'uomo, svaluterà la sua essenza, la razionalità, e per la prima volta porrà in rilievo il valore dell'esistenza, dell'uomo nella sua interezza come persona, il cui valore è nell'essere una creatura di Dio. San Tommaso d'Aquino riprende la distinzione Aristotelica di potenza-essenza-materia e atto-esistenza-forma ma distingue tra l'essenza, per cui una creatura è quello che è nella sua materialità potenziale, e l'esistenza che acquisisce solo per atto creatore divino, l'atto dell'esistenza proviene solo da Dio. In Dio infatti e solo in lui, coincidono essenza ed esistenza, atto puro, unità di essenza ed esistenza, la creature corporee sono invece mescolanza di essenza e esistenza, di materialità che li contraddistingue nella loro individualità (principium individuationis) ed esistenza che solo Dio può dare. Per le creature spirituali dov'è presente l'anima, invece, forma e materia non corrispondono più a essenza ed esistenza, in loro non c'è più materia ma sono entrambe essenza. La creatura spirituale non è più materiale, essa esiste in quanto in lei è presente l'anima. Quindi la metafisica si occupa dell'essenza, nel suo significato più universale, la teologia si occuperà di quell'essenza che è Dio. [modifica] L'ecceità di Duns Scoto: essenza e materia Ma perché Socrate e Platone sono diversi se la loro essenza umana è la stessa, se hanno in comune la stessa forma? Sarà John Locke, il filosofo empirista, il primo a considerare l'essenza un puro e semplice nome, una parola, priva di valore concettuale (nominalismo). Se quindi prima si pensava che l'essenza, la sostanza dell'uomo fosse quella di essere un "animale ragionevole" ora tutto si riduce all'uso del termine "uomo" come sinonimo di "animale ragionevole". Il tema dell'essenza, tornerà nella metafisica di Hegel che la distinguerà dall'essere, che permette l'apprensione immediata e in parte superficiale della cosa. L'essenza invece coglierà la realtà nella sua più completa e approfondita costituzione. Su questa linea il marxismo distinguerà tra l'economia superficiale che identifica approssimativamente il capitale come produttore del profitto e l'economia marxista che ha messo in luce come l'essenza del capitale sia il plusvalore. Anche tra gli oppositori all'astratta metafisica hegeliana, come Arthur Schopenhauer si rinnoverà il fascino dell' essenza, nella sua immutabile purezza, identificata nella noumenica, implacabile ed ineliminabile volontà di vivere contrapposta alla sua fenomenica oggettivazione, il mondo della cose, delle "copie" platoniche. Nella fenomenologia di Edmund Husserl, infine, l' essenza, come struttura costante ed invariabile della realtà si potrà cogliere, trascurando ogni riferimento alla concretezza contingente delle cose esistenti, con l'intuizione categoriale. Infine l'esistenzialismo, riprendendo la critica all'idealismo di Hegel, elaborata da Søren Kierkegaard, e rielaborando le conclusioni della fenomenologia in chiave umanistica, rivendicherà il primato dell' esistenza sull' essenza, dell'uomo reale su quello definito astrattamente.